Critic@mente – Gli studenti di storia di Alan Bennett

È più forte di me… ad ogni uscita di un nuovo testo di Bennett non posso non leggerlo immediatamente…

Una commedia (con sprazzi divertentissimi!), non nuovissima, con una prefazione autoriale dai tratti interessanti che permette quasi una lettura a posteriori del testo stesso, una reinterpretazione.

Come dice la quarta di copertina 8 studenti 3 professori, 1 preside.. nelle mani di Bennett non possono che trasformarsi in una miscela esplosiva, in una serie di situazioni, sketch e battute che guardano a 360° temi complessi come l’istruzione, il valore e il significato della stessa, la storia, il revisionismo e la “necessità” di spettacolarizzare tutto… fin troppo presente ai giorni nostri.

L’esame di ammissione ad Oxford e Cambridge diviene così un pretesto per mettere in scena una critica sociale da un lato, ma anche dei personaggi nei quali il pubblico non può non identificarsi, almeno in parte, e che, al contempo, sembrano quasi frutto di una scomposizione autoriale, sospesi fra peculiarità di Bennett, fra idiosincrasie del drammaturgo, fra quel che lui era, che è e forse quel che avrebbe voluto essere.

Insomma anche in questo testo la vena autobiografica, sebbene più latente, sembra farla da padrone, fin dai ricordi iniziali del proprio test di ammissione, passando attraverso autori amati, citazioni più o meno scoperte, ammissioni dell’impossibilità di capire, e al contempo della volontà di “passare il testimone”, simbolo della continua ricerca.

Gli studenti di storia

Critic@mente – Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile

Rimaniamo in tema con l’ultimo post e continuiamo a parlare di genre… o meglio di “non genere” e di come vi sia ancora chi “cade” nel tranello del manoscritto ritrovato.

Pensate banalmente al polverone suscitato qualche anno fa dal Codice da Vinci, ai numerosi volumi, saggi, studi, articoli tesi tutti a dimostrare le incongruenze, gli errori e le omissioni di Dan Brown… ma la domanda cruciale è a DanBrown interessava la Verità? Sì quella con la maiuscola, o ha spmplicemente utilizzato uno stranoto stratagemma per dare un manto di credibilità alla sua operazione e suscitare quindi la curiosità dei lettori?

Per citare un caso noto a tutti Manzoni non aveva fatto la stessa cosa? Nievo nel suo Storia filosofica dei secoli futuri non aveva anche lui utilizzato un manoscritto “ritrovato”?

E allora la questione ritorna ad essere il genere, dove ormai le opere, in cui storia e invenzione vanno a braccetto, sono un numero sempre maggiore, pensate ad esempio al Libro segreto di Dante, di cui ho già parlato, e che sfruttano la credulità del lettore meno avvezzo per generare curiosità ed interesse.

Quel che stupisce è come al giorno d’oggi un romanzo sia ancora inteso come verità assoluta, storica, soprattutto nel momento in cui è lo stesso autore a far trapelare questa possibilità… Non lo faceva anche d’Annunzio con il suo Libro segreto? Quel che oggi fa la differenza è l’impatto mediatico di questa operazione (e il ritorno in termini di marketing), grazie al quale il “tranello” diviene più subdolo…

Anche questa volta insomma sembra che la lungimiranza di Wilde abbia colpito; anche nel 2012: “Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile”

Manoscritto ritrovato