Critic@mente – Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile

Rimaniamo in tema con l’ultimo post e continuiamo a parlare di genre… o meglio di “non genere” e di come vi sia ancora chi “cade” nel tranello del manoscritto ritrovato.

Pensate banalmente al polverone suscitato qualche anno fa dal Codice da Vinci, ai numerosi volumi, saggi, studi, articoli tesi tutti a dimostrare le incongruenze, gli errori e le omissioni di Dan Brown… ma la domanda cruciale è a DanBrown interessava la Verità? Sì quella con la maiuscola, o ha spmplicemente utilizzato uno stranoto stratagemma per dare un manto di credibilità alla sua operazione e suscitare quindi la curiosità dei lettori?

Per citare un caso noto a tutti Manzoni non aveva fatto la stessa cosa? Nievo nel suo Storia filosofica dei secoli futuri non aveva anche lui utilizzato un manoscritto “ritrovato”?

E allora la questione ritorna ad essere il genere, dove ormai le opere, in cui storia e invenzione vanno a braccetto, sono un numero sempre maggiore, pensate ad esempio al Libro segreto di Dante, di cui ho già parlato, e che sfruttano la credulità del lettore meno avvezzo per generare curiosità ed interesse.

Quel che stupisce è come al giorno d’oggi un romanzo sia ancora inteso come verità assoluta, storica, soprattutto nel momento in cui è lo stesso autore a far trapelare questa possibilità… Non lo faceva anche d’Annunzio con il suo Libro segreto? Quel che oggi fa la differenza è l’impatto mediatico di questa operazione (e il ritorno in termini di marketing), grazie al quale il “tranello” diviene più subdolo…

Anche questa volta insomma sembra che la lungimiranza di Wilde abbia colpito; anche nel 2012: “Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile”

Manoscritto ritrovato

Critic@mente: 22/11/’63 – una questione di genere

Dopo le (mai abbastanza) lunghe vacanze natalizie, rieccomi con Critic@mente, questa volta voglio parlare di 22/11/’63 di Stephen King (Mondadori).

Premetto – e con questo mi inimicherò alcuni lettori – che non sono un amante di King, non ne discuto il valore, ma semplicemente è una questione di genre… di solito non mi si addice.

Son rimasto stupito quindi quando ho sentito che ques’ultimo rmanzo era un netto cambio rispetto al passato e mi sono avventurato nella lettura, che devo dire con un certo stupore, si è rivelata piacevolissima.

Quel che più mi ha però colpito è stata l’impressionante abilitò dimostrata da King nel gestire e fondere generi differenti. Capiamoci: se domandassi di “classificare” (odio le etichette ma mi arrendo all’idea della lloro utilità, se non altro commerciale) questo romanzo, cosa si potrebbe scrivere?

L’unica risposta plausibile è “non ne ho la più pallida idea”, forse bisognerebbe ricorrere ad un termine mutuato da altre arti, ovvero fusion, forse semplicemnete lo si potrebbe definire un romanzo contemporaneo, in cui le barriere di genere sono ormai inesistenti (almeno per i grandi che sono in grado di fonderle). In 22/11/’63, facendo una veloce lista, possiamo trovare il thriller, il noir, il poliziesco, lo storico, chiaramente, visto il plot, il fantascientifico, potremmo giungere a parlare di romanzo di formazione, per non soffermarsi sui richiami ad una sceneggiatura cinematografica (da qualche parte ho letto che a breve diverrà infatti un film… e consiglio Tom Hanks come protagonista!) … insomma un bel mix, che però King dimostra di saper manipolare a piacimento con una maestria riscontrabile in pochissimi altri casi.

Stephen King 22/11/'63